La viabilità della Sardegna in epoca nuragica

Cartina Geografica Mercator Hondius 1628 - creative commons

L’abitante della Sardegna tende a sottrarre valore ai propri conterranei come ha validamente sostenuto e avvalorato la chiarissima Nereide Rudas (L’isola dei coralli).

Sarà capitato a ciascuno di noi di sentire affermare: “Su Sardu no est bonu a facher nudda. Sos de Milano, mì, sos de continente, ma no nois! / Il Sardo non è capace di far nulla. I Milanesi invece…, i continentali…, ma non noi!”

Forse sarà anche capitato di condividere quest’idea di incapacità di fare di noi Sardi e di averlo perfino affermato a nostra volta.

Questo assunto ci porta a pensare che qualunque manufatto presente nella nostra Isola sia stato ideato, progettato e costruito da persone venute da fuori.

Per alcuni manufatti questo è ben vero (si pensi solo al Castello di Cagliari edificato dai Pisani), ma non qualunque opera.

Sulla storia della viabilità in Sardegna, l’Itinerarium Antonini (Itinerarium provinciarum Antonini Augusti) di autore ignoto del III secolo d.C., ci racconta di tre grandi arterie stradali presenti nella nostra terra in epoca di dominazione romana. Da Karales (Cagliari) si dipartivano tre arterie che congiungevano la capitale sarda con il NW a occidente, con il N al centro, con il NE a oriente.

Il testo dice delle statio esistenti e della distanza da altre statio nelle diverse direzioni. Tuttavia non chiarisce che costruttori delle tre strade maestre siano stati i Romani ma, tutti noi abbiamo sempre parlato di camminu romanu, ovunque abbiamo trovato tracce di strada la cui carreggiata abbia pavimentazione costruita con grandi pietre.

Non avendo altre notizie da parte dell’autore dell’Itinerarium, abbiamo sempre accettato che quelle strade risalissero al periodo di dominio romano.

L’archeologia non ha mai investigato sulla questione e perciò, non restava che cercare nella toponomastica e nell’indagine linguistica le tracce che consentisserro di avanzare ipotesi attendibili sui costruttoti di quelle strade.

Massimo Pittau, e con lui altri linguisti, hanno ipotizzato che il comune di Meàna sardo ricevesse il nome dalla posizione nel centro dell’isola. La convinzione era che Meàna si trovasse a metà strada fra Karales ed il N della Sardegna. Se si assume l’aggettivo latino mediana ‘che sta nel centro’, non stupisce la caduta di una sillaba centrale per cui mediana [medi’ana] > Meàna [me’ana].

Davanti alle affermazioni dei maggiori linguisti sardi, minor cessat, e approva.

Il nome del comune della Barbagia deriva sicuramente dalla sua posizione centrale sull’arteria che da Cagliari giunge fino a Turris Lybisonis (attuale Porto Torres).

Sul versante orientale dell’Isola, lungo la strada che congiungeva Kàrales a Tibula (Santa Teresa Gallura), in territorio di Dorgali, e precisamente nella vasta vallata di Oddoène, passava su camminu romanu e lo storico Francesco Cesare Casula afferma ‘forse, in periodo romano, vi sorgeva una statio’ (DiStoSa, p. 548).

La statio ipotizzata da prof. Casula cadeva poco discosta da un terreno di circa 20 ettari chiamato Sa meanèsa.

Secondo autori locali (Sardus Useli e Antonio Berritta, La grande vallata) il nome potrebbe derivare da ‘una principessa originaria di Meàna’. Personalmente invece, condivido l’ipotesi etimologica di prof. Pittau sull’origine del nome del comune barbaricino e ipotizzo che sì, certamente quella statio indicava la metà del percorso fra Cagliari e Santa Teresa.

Fin qui non facciamo che affermare che le stazioni di posta sulle strade della Sardegna avevano nome latino in epoca romana. Incontrovertibile!

A poche centinaia di metri da Sa meanèsa svetta il nuraghe monotorre Biriculi [biri’culi]. Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso esisteva anche un villaggio omonimo sacrificato per impiantare una grande vigna.

Per chiunque si imbatta su questo nome, dorgalesi e non, si tratta di un toponimo ‘intraducibile’, un ‘relitto sardiano inspiegabile’, un ‘mistero’ come tanti altri della civiltà nuragica.

Le uniche certezze si hanno in relazione alla tipologia costruittiva del manufatto risalente ad un’epoca non inferiore al 1.500 a.C. quando ancora si realizzava quel tipo di monumenti.

Di contro, ad analizzare il toponimo con l’ausilio dei dizionari di lingua accadica scopriamo che biri * o birīt ‘au sein de, entre, au milieu de / in seno a, fra, in mezzo a, al centro di’ + ḫūlu (in lingua sumerica ‘passaggio’) ‘chemin à suivre, direction à prendre, route, voyage / cammino da seguire, direzione da prendere, strada, viaggio’, è un composto il cui significato complessivo è ‘al centro del cammino’.

Nell’analisi dei due lemmi del composto accadico ritroviamo l’avverbio e preposizione biri > ‘fra, tra’ esistente in tutte le lingue mediterranee.

Il sostantivo sumerico ḫūlu ‘passaggio’ e accadico ha continuità nell’attuale francese couloir ‘corridoio, passaggio’ come nell’inglese hall, hallway e in tante forme dell’italiano come colino, colabrodo, colapasta, scolatoio, per indicare oggetti in cui si rende l’idea del passaggio; il verbo colare con il derivato scolare, ad indicare un’azione di passaggio.

In anatomia, dal termine sumero accadico si nomina il condotto colèdoco.

Persino in grammatica italiana c’è traccia di ḫūlu nell’anacoluto.

In sardo si ha il verbo colare con significato di ‘passare, camminare, andare oltre, procedere’, coladórzu ‘passaggio, sentiero, percorso’. Nell’antroponomastica sarda si conserva il cognome composto Cul-eddu ‘passaggio, sentiero – sacro’.

Pare di capire che il nurache Biriculi avesse la funzione di segnalare che in quel punto si era a metà strada fra le moderne Cagliari e Santa Teresa: proprio la stessa funzione delle latine Meàna e Sa meanèsa. Ma se è così, le tre arterie della Sardegna erano preesistenti la nascita di Roma (753 a.C.) e l’inizio della dominazione romana nell’isola (238 a.C.) come anche dell’Itinerarium (fra III e IV secolo d.C.).

Carchi opera mannu la fachiàmus fintas nois Sardos!

La viabilità interna all’isola serviva ai nuragici per i commerci interni e per poter trasportare le merci verso l’esterno. Da Terranoa (attuale Olbia), partivano navi cariche di suini per le mense di Roma ancor prima che questa decidesse di invadere la Sardegna (cfr Ettore Pais, Storia della Sardegna e della Corsica sotto il dominio romano).

Minerali e metalli estratti in Sardegna erano esportati in tutto il Mediterraneo fin dal IV millennio prima della nostra èra. Quel sistema viario garantiva la continuità territoriale interna all’Isola che oggi andrebbe riformulata e realizzata.

 

Cartina Geografica Mercator Hondius 1628 – creative commons

 

 

 

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