A duru du du

Ballu tundu. Foto tratta da Wikimedia commons

 

A duru du du [a ’duru du du] interiez. La frase si trova nel canto delle voci soliste che intonano il ballo sardo. Finora è stata totalmente ignorata a favore di una piccola parte di essa (duru) che i dizionari riportano in forma iterata duru-duru, come realmente esiste nel canto ma che allontana il ricercatore dal raggiungere la verità sul significato originario della frase. Certo occorrerebbe riscrivere attentamente i dizionari di lingua sarda e censire i lemmi in maniera accurata per non stravolgerne natura e significato.

1 Poes. Duru-duru oggi è ritenuto ‘forma onomatopeica, fonosimbolica’ (?) e serve a costruire suono e stabilire ritmo dentro un canto ‘a ballu’ prima di intonare i versi di un poema o per ‘cucire’ una parte del testo poetico ed una successiva nel canto del solista.

Alla voce duru-duru M. L. Wagner e M. Pittau affermano: «“ballo sardo” e suo “ritornello”, voce imitativa del suo ritmo e del suono dello strumento che lo accompagna».

  1. Puddu scrive «zenia de peraula chi si narat a càntigu».
  2. Dedola non si discosta dalla verità e nell’esaminare il lemma adduru-duru che definisce «evocazione dello stesso ballo circolare, che si canta mentre si balla», ne ipotizza la base etimologica nel sum. dur ‘legame, nodo, legaccio’ anche ‘cordone ombelicale’».

La gran parte dei bambini della Sardegna aveva avuto modo di puntare i piedini sulle ginocchia o sul grembo della madre o della nonna e provare a ballare sul ritmo del canto di queste sillabe intonate per costruire legame con la sonorità della limba, della famiglia, con l’appartenenza a una zenìa o réppula.

A partire da quella base sonora, la madre poteva auspicare ciò che preferiva per il bambino e trasformare il canto in augurio.

Nella composizione poetica il termine duru è pronunciato almeno due volte, spesso preceduto da a ed è sovente seguito da altro segmento fonico per costruire tappeto sonoro ottosillabico con accentazione su 1^, 3^, 5^ e 7^ sillabe: Duru duru a ti ballare / sos lettos de ti corcare / sian tottus pumas d’oro; Duru duru duru sia / sas campànas de cresìa; Duru duru duru seddu / si m’est mortu s’ainéddu)…

Spesso è pronunciato più volte per estendere la lunghezza del metro ad undici sillabe: oh duru duru o dulluru della; eh duru duru eh dulluru dài

Anche la parte che segue la replicazione di duru è spesso ‘non significante’ (sia, seddu, dài, della) e ciò autorizza a pensare a ‘parola o formula non sense’.

Il termine duru ha prodotto anche il verbo adduddurare, ‘ballare sulle ginocchia’ o ‘ballare’ cfr G. Spano dudduràre “ballonzare, ballonzolare”.

Si ritrova nella creazione poetica di innumerevoli poeti della tradizione popolare: a duru duru l’at nadu su babbu / chi la picabat a sa festa a caddu…, come di poeti colti …ti leo in coa e canto a duru duru (Montanaru).

In certe strofette per il ballo si aggiunge confusione anziché sbrogliare la matassa della funzione semantica del termine duru come nel caso di: A duru duru tzia Mariòla / che l’at pappàdu su culu su bentu / cando s’at bidu su mariud tentu / ja si l’at fatt’una bella cassòla.

In alcuni centri del Logudoro come del Gocèano con il sostantivo iterato Duru-duru s’intende il ballo tout court.

2 Mus. Nel canto per il ballo si sente spesso pronunciare a duru duru… ma nel canto ripetuto, frammentato e proliferato della creazione canora degli interpreti del ballo cantato colpisce la frase sentita più volte cantare dal vivo o ascoltata da registrazioni amatoriali: a duru du du, con intonazione interlocutoria per lasciare quel testo sospeso, come se il testo poetico da svolgere dovesse proseguire. Questa frase del solista è parte molto presente nelle proliferazioni di boches de pesadores della tradizione popolare come il compianto Martino Monni di Orune.

Sia nella produzione poetica (1) che nella produzione canora o musicale (2), non si è ancora arrivati a sciogliere il significato che a duru du du dovette ricoprire in origine.

La presenza di a iniziale, nel canto sardo indica, solitamente, ‘nella forma di’, ‘nella modalità di’, ‘nella maniera di’: come quando si dice cantare a boche longa / cantare nella forma della boche longa, cantare a ballu seriu / cantare nella forma del ballu seriu, cantare a muttos / cantare nella forma dei muttos.

A iniziale potrebbe dunque indicare ‘nel modo di’, a meno che in lingua sardiana non avesse altra funzione.

È risaputo che nel ballo delle popolazioni di tutto il mondo antico il bardo impartisse delle istruzioni sulla modalità e sui movimenti da compiere nel ballo (cfr Jacques Le Goff in Astérix le gaulois): questa funzione guida in Sardegna è attestata in numerose testimonianze del patrimonio poetico, linguistico ed etnofonico. Ballade ballade abellu (Ballate piano), Ballade ballade bois (Ballate voi), sono solo alcune di queste istruzioni pronunciate dalla guida coreica, che sia l’interprete che esegue il canto da solista o che esegua con la creazione musicale de su tenore: questo significa che a duru du du accomunava le popolazioni dell’intera Sardegna.

<la base etimologica delle cinque sillabe sarde tuttora impiegate per costruire testo per il ballo da parte dei cantori solisti a duru du du si ritrova ancora unita nella lingua sumerica. Che questa (insieme a tanto altro) resista nella lingua sarda odierna non fa meraviglia se si tiene conto della koiné mediterranea. Né può meravigliare poiché, oggi giorno, in lingua italiana, si può affermare ‘adoro ballare il walzer, la mazurka, il twist, il tango, la macarena…’ e tutto ciò suona come espressione di ‘lingua italiana’ ma è frutto di stratificazioni linguistiche. Occorre prescindere dall’idea antistorica che una lingua «discenda direttamente da un’altra». Parole e forme idiomatiche si scambiano fra un popolo ed un altro insieme ad usanze e pratiche, attraverso contatto diretto o indiretto.

In lingua sumerica ritroviamo a [I] ‘soothing expression / espressione rilassante’ + sum. dur [N] ‘bond / legame, vincolo’ + sum. du7 du7 ‘to circle around / girare in tondo’. Nella catena fonosemantica l’evoluzione non si discosta granché a-dur(u)-du du > a duru du du: si ha solo una vocale paragogica aggiunta a dur.

La ricerca etimologica era certo limitata dal solo sostantivo dur(u) mentre nelle esecuzioni di molti interpreti del canto a tenore si sentono anche le altre componenti che consentono finalmente di avanzare un’ipotesi etimologica congruente.

Anche la sillaba du ripetuta è parolina ritenuta oggi particella non-sense e, per contro, essa ricopre una funzione determinante nella specificazione delle istruzioni della voce guida coreica. C’è da convincersi che la parola ‘fonosimbolica’, ‘onomatopeica’, ‘imitativa’ nasconda l’incapacità di conoscere la verità dei significati.

A duru du du suona in tutta evidenza come indicazione ‘rilassata’ per ‘formare il cerchio del ballo’: ‘Costruite legame girando intorno’ che è come dire, o come cantava Piero Sanna: ‘Ballate a ballu tundu / a s’inghiriu de su nurache’.

La chiusura del cerchio del ballo è simbolo del vincolo della comunità paesana.

 

 

Bibliografia:

-S. Dedola, Encicl. I vol.

-A. Deplano, Tenores.

-A. Deplano, Etnia e folklore.

-A. Deplano, Rimas.

-A. Deplano in Canzoniere ispano-sardo della biblioteca braidense.

-B.Bandinu, A. Deplano, V. Montis, Ballos.

-A. Deplano, Bidùstos.

Discografia:

Talvolta si trova fra i titoli del programma di dischi, di musicassette, di compact disc ma, molto più sovente, non compare nel sommario dei canti di un’opera discografica perché appartiene alla parte non testuale del canto. È sufficiente ascoltare balli intonati soprattutto da cantori popolari, magari in registrazioni amatoriali, dei comuni di Zona interna (Orune, Bitti, Onanì…), del Goceano e del Marghine (Silanus, Bolotana…) ma anche di altri centri dell’area di diffusione del canto a tenore, anche nei rilevamenti etnomusicologici del CNSMP oppure nelle produzioni discografiche commerciali.

 

Ballu tundu. Foto tratta da Wikimedia commons

 

 

 

 

 

 

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