Jocos de cànticos

Jocos de cànticos
Compact Disc e MK del Tenore Milìa di Dorgali

Presentazione e testi a cura di A. Deplano
2000, Edizioni Frorias


La pratica del “fare canto” nel tempo ha conferito spessore all”esperienza canora de su Tenore Milìa di Dorgali. A vent’anni dalla nascita del gruppo questi cantori sono al culmine della maturità interpretativa, meres di forme e stilistiche distinte da forte carattere personale.

Sensibili osservatori delle trasformazioni maturate nella società dorgalese, sarda e internazionale nel corso di quest’ultimo ventennio, il Tenore Milìa è attore in primo piano sulla scena dei cambia-menti, a volte come elemento propulsivo che si fa artefice con il suo canto, a volte costruendo stru-menti di verifica degli adeguamenti nei codici formali ed espressivi dei nuovi messaggi poetici.

Costituito intorno a Tatanu Milìa una delle più belle voci del canto a tenore del nostro secolo, in seno al Gruppo Folk “Don Milani” nel 1979, è approdato presto alle sale di registrazione propo-nendo canti che nei primi anni ottanta sono stati vessillo di battaglie politiche su testi rivoluzionari per la tradizione canora del tenore. Il secondo volume discografico continua la ricerca sui testi della tradizione e offre largo spazio alla nuova produzione poetica di autori dorgalesi, mentre nel 1996 è autore di una elaborata ricerca sul canto in ambienti esterni fissata su video-cassetta, primo esperi-mento prodotto in Sardegna.  Dopo innumerevoli esperienze di laboratorio con il CERM di Sassari e con altre formazioni canore fra ricerca sperimentale e aderenza alla tradizione ritorna con questo nuovo lavoro ricco delle migliori competenze acquisite nella perizia che sa trasformare su donu naturale in giochi di notevole abilità e maestrìa.

Giocano le voci di Tatanu e Portolu in impegnativi percorsi melodici articolati in nature testuali le più diverse, dai Muttos ai balli, fra poesie della tradizione e della contemporaneità paesana, fra sfide de sos mannos della classicità anche quando quei classici compongono Brullas.

Il canto è sempre specchio fedele dell’alternanza dei momenti della vita di una comunità e se le Pesàdas parlano di Bosnia o di amici che vengono a mancare espongono anche quadretti di vita e lavoro nei campi o in sa ‘idda. Il risultato è quello di un affresco antropologico in cui ogni registro linguistico ha la sua collocazione vitale.

Così si susseguono i testi di natura religiosa dei Gozzos e di Celeste Tesoro agli Attittos che benché costruiti nella medesima forma strutturale affondano nella morale derisoria tutta umana e popolare.

Il canto diventa uno strumento importante di espressione comunicativa e stabilisce il proprio equi-librio fra semantica, di significati e di sentimenti, e non senso. La costruzione del canto fra testo e pretesto, fra struttura melodica e tessitura armonica, è segnata dalla capacità dell’invenzione che ha origine nell’estro elaborativo e nel sapere costruire il percorso sonoro per riempirne gli spazi dispo-nibili, con stile personale.

Il fitto intreccio armonico del Bassu (Fabio Lai), della Contra (Mario Ungredda) e della Mesu-‘oche (Tottòi Ungredda) articola la propria funzione di creatore musicale sugli stimoli della voce de pasta antica di Portolu allievo ventenne del maestro Milìa.

L’esposizione del loro canto gioca nella distensione declamatoria nelle istèrridas del testo, nel forte slancio che entrambi imprimono nell’accentazione sillabica dei lemmi del verso, nel ricucire le parti del testo con infinite forme di intercalari per restringere e dilatare l’ampiezza del verso da cantare per rendere vivo il materiale linguistico.

Tutto ciò dice della abilità che essi hanno acquisito nell’esercizio del canto al quale sanno attribuire inconfondibile marchio personale sapendosi distinguere per le particolari curve melodiche che rendono preziose le loro vocalità e li consegnano all’arte come cantadores mannos.

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