filonzana [filɔn’dzana] s.f. Un apparentamento fra la figura de sa filonzana del Carnevale di Ottana e la forma esecutiva comune a canto a chitarra e canto polivocale a Cuncordu è quanto di più improbabile a questo mondo!
La maschera de sa filonzana è la rappresentazione di quelle Moire (Cloto, Lachesi e Atropo) che filano il filo della vita e decidono quando recidere quel filo.
La mitologia attinge a piene mani dalla realtà: la figura della filatrice viveva nella gran parte delle donne del passato che dovevano saper filare e tessere la lana prodotta dal gregge custodito dal proprio padre o dal marito. L’utilizzo della gestualità in termini di ritualità ripetitiva aveva ispirato l’opera di Esìodo e certamente anche qualche abitante del comune di Ottana. Ma con la poesia ed il canto non c’è alcuna attinenza!
± Mus. Il canto detto filognana (gallurese) o filonzana (logudorese) appartiene al repertorio profano del canto polivocale del Cuncordu e della Tasja, come al repertorio del canto a chitarra logudorese e gallurese.
È invece opinione diffusa che questa forma canora appartenga originariamente al repertorio del canto ‘a chitarra’ gallurese.
Non si tiene in alcun conto che, c’è una linea di continuità fra i canti della polivocalità della Sardegna centro e nord-occidentale, dal Montiferru e Guilcer, a salire in Planargia e fino a lambire il Marghine, verso il Logudoro ed il Sassarese da una parte, per raggiungere l’alta Gallura, nella parte più settentrionale dell’Isola. Nel territorio appena tracciato la filonzana o filugnana è eseguita sia in canto monodico, con accompagnamento di chitarra, sia in forma polivocale su testi stabiliti in versi ottonari.
L’accompagnamento con lo strumento chitarra è venuto dopo il canto polivocale: le forme canore esistevano già e continuano ad appartenere in misura uguale alla polivocalità del Montiferru (per esempio) come alla polivocalità gallurese, al canto con accompagnamento di chitarra logudorese come a quello gallurese.
È espressione del Cuncordu ancora viva, nel repertorio ‘profano’ del Cuncordu di Cuglieri.
Al pari di altre forme melodiche del canto a tenore esistenti in certi comuni e scomparse in altri, anche alcune forme espressive del Cuncordu si conservano in alcuni centri mentre in altri non si ricordano più.
Non tutte le forme erano sempre eseguite in tutte le occasioni e da tutti gli interpreti. Molti cantori ‘a tenore’ continuano ad affermare che i muttos non appartenevano al canto a tenore perché non li sentivano eseguire: lo stesso vale per i balli o per forme che solamente alcuni cantori intonavano. Su tertzu durgalesu venne inciso nei cinque dischi del tenore durgalesu del 1929 ma solo quattro o cinque Dorgalesi erano in grado di ricordare quella forma esecutiva, come anche s’Alligrittu. Oggi nessuna formazione di canto a tenore esegue più, su un palco, il canto ass’Andìra come altri canti eseguiti in forma omoritmica. Per fortuna sono documentati su disco e, per la buona sorte del patrimonio etnofonico sardo, in altri comuni si conosce su tertzu, non solo nel tenore ma anche nel cuncordu.
Non è un caso che certi etnomusicologi si stupissero (vd Felix Karlinger) dello scarso numero di melodie della musica popolare che trovavano nell’Isola nel corso degli anni Cinquanta del XX secolo.
La ricchezza della musica tradizionale sarda risiede nella totalità dei comuni in cui sopravvivono le forme espressive: proprio come la lingua sarda i cui suoni non sono diffusi nella stessa misura in tutti i comuni.
Anche i canti confraternali, proprio perché appartenenti ad un corpus esclusivo di una Crofarìa, non erano interpretati da tutti i cantori della medesima comunità paesana. C’era, anzi, una severa gelosia nella conservazione e nella proposizione di quei canti.
Così, nel canto profano alcuni interpreti prediligevano certe forme e ne trascuravano altre. La capacità di trasmissione dei repertori fra i discenti delle scuole improprie ha fatto i vuoti di memoria popolare che si ripropongono ancora ai giorni nostri.
Il canto de sa filonzàna, in origine, non aveva nulla di profano.
La base etimologica del termine si trova in un composto accadico formato da bēlum ‘chef, maître, seigneur / capo, maestro, Signore’ + Anu ‘Dio sommo, Dio del cielo’. La trafila fonosemantica ha prodotto belumAnu > filognana – filonzana. ‘Signore Dio’ e fu, in origine, un inno al Dio sommo Anu, Dio del cielo. Gli inni, fin dall’epoca sumerica e, successivamente accadica, babilonese, cassita, assira iniziavano sempre con una invocazione a Dio. L’invocazione copre già 4 sillabe e, se volessimo ipotizzare una ricostruzione aggiungeremmo elettu o élitu (altissimo) per ottenere un verso settenario bēlum Anu élitu (Signore Dio Altissimo), oppure un quadrisillabo come soveranu e otterremmo un verso ottonario
bēlum Anu soveranu (Signore Dio Altissimo).
Bibliografia:
-S. Dedola, Encicl. I vol.
-V. Lanternari, Religione e folklore.
-G. Rinaldi, Storia delle letterature della Antica Mesopotamia. Discografia: Nell’Archivio del folklore italiano – Sardegna, sotto la provincia di Oristano si trova la traccia 21) Filonzana rilevata a Cuglieri ed eseguita dal Cuncordu; sotto la provincia di Sassari si hanno le tracce 74), 89), 90) Filugnana rilevate ad Aggius ed eseguite con accompagnamento di chitarra. Altri brani di Filonzana e di Filognana eseguiti da formazioni polivocali a Cuncordu o a Tasja oppure con accompagnamento della chitarra, sono abbondantemente documentati nelle produzioni discografiche commerciali.
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