Ello [’ello] Relig. Appartiene al linguaggio del quotidiano di ogni varietà linguistica della Sardegna e, stante l’abbondante uso, risulta impossibile inquadrarlo in una classificazione grammaticale.
Si impiega per rafforzare una affermazione, si usa per introdurre una domanda, sottolinea una palese evidenza: vive nel segno dell’antifrastica come nel parlare familiare, amicale, gergale e nel linguaggio formale. È spesso auto-ironico oppure satirico. Una parolina multiuso.
Nelle espressioni poetico musicali si può affermare che non esista voce solista del canto monodico o a tenore che non abbia mai fatto uso di questo bisillabo per rilanciare il testo poetico dopo un profondo respiro nel canto dei versi endecasillabi di una boch’e notte, oppure nel tenere il ritmo del ballo per cercare di tessere i versi di contenuto con le onomatopee prodotte all’impronta al fine di non lacerare il tessuto canoro-ritmico-musicale del ballo.
La parola è sovente lanciata con impeto come a voler bestire animu a sos cantadores ‘incitare i cantori’.
Un esercizio di temperamento.
Ello/Ellus è invocativo, esortativo: assume valore di orsù, suvvìa, dài…
Nelle poesie dell’Ottocento si ritrova in Paolo Mossa:
Ello it’est custa cosa/
chi totus m’istan narende/
cun Babareddu Biosa /
nachi ti ses cojuende?
come in Peppino Mereu:
Ello no est macchìne/
amare a sa betzesa/
su ch’as fuìdu in sa giovane edade?
È possibile che lo stesso vocabolo ricopra la funzione di introdurre l’interrogativa, di particella assertiva, di esortativa, di interiezione e quant’altro?
Le ‘parole’ con così tanti significati e funzioni mascherano spesso processi di manipolazione subiti nel corso della storia del popolo di parlanti quella lingua in cui quel vocabolo si trova, incompreso.
Nel canto de su tenore ricopre solo alcune delle funzioni appena riportate ma, nella polivocalità profana di Orosei, in inizio del canto del tenore che costruisce su ballu turturinu compare come Elle. In quel canto è ridondante in misura estrema.
Lo stesso nome apre anche il canto dei muttos da parte delle tre voci del coro e caratterizza tutte le melodie del canto profano del comune baroniese: su Lèllere, sa Voch’e notte antica, sa Voche seria… In ciascuna di quelle forme esecutive si ritrova, in varie forme articolatorie, il nome di El(le).
Ma è soprattutto il testo ritmico-sonoro-musicale del ballu turturinu, creato dalle tre parti vocali di bassu, contra e mesu-voche in forma omoritmica ad invocare Elle du ba ḫa m ba.
El(le) è il nome del Dio supremo a cui ci si invocava per la performance musicale (du). Ba significa ‘offrire in dono’, ‘distribuire in dono’, ‘suddividere un regalo’; è tipico delle invocazioni sumeriche ripetere in finale il concetto più importante, in questo caso ba.
Per ḫa + m è arduo trovare un etimo, se non il sum. ḫamun ‘armonia’.
Più volte lo scrivente ha messo in rilievo la presenza di una occlusione laringale ([h], [ḫ] o [c]) nel canto di questa forma di ballo oroseino: quel colpo di glottide faceva prezioso su ballu turturinu per lo studio della fonetica del sardo.
La frase musicale con cui il coro costruisce l’accompagnamento ai versi ottonari intonati dal solista significa all’incirca: Dio supremo regalaci l’armonia nel suono.
<El(le) è il nome del Dio sommo delle religioni mesopotamiche adorato dalle popolazioni sarde da prima dell’epoca nuragica e fino (forse anche dopo) alla conversione di Ospitone nel corso del VI secolo della nostra epoca. Lo si trova con grande frequenza nella Bibbia come El (ebraico אל), i Sardi hanno aggiunto -le paragogico nel canto, -lo nel logudorese e -lus nel campidanese. Ancora prima era identificato come Dio Toro e come Dio Sole.
È semanticamente legato al senso di ‘puro, sacro, ritualmente puro’ ma anche al concetto di ‘altissimo’ come nel verbo sardo elèzer/elizer, comune al francese élire, all’italiano eleggere; cfr la collana di poesie Sardegna in Limba, 1° vol.-Gallura e Anglona, autore Giovanni Antonio Piga (Perfugas, tra 1700 e 1800) p. 14: Che sole ses eletta, ma vedi anche il siniscolese élitu.
Quel nome di divinità tanto altisonante, fortemente ricorrente fra i devotissimi Sardi del passato remoto, doveva scomparire per lasciare spazio alla divinità della nuova religione.
Spesso però, il diavolo (nelle persone del clero bizantino) fa le pentole ma non i coperchi: il canto polivocale oroseino si è mantenuto inalterato nel tempo grazie al fatto che i cantori dei testi ‘sacri’ (come le formazioni di Crofàrios), sono gli stessi che cantano a tenore i testi ‘profani’ ereditati da epoche lontanissime. D’altronde, i solisti delle formazioni del canto a tenore continuano a cantare ancora oggi i testi di Padre Luca Cubeddu (18° secolo), M. Murenu e Paolo Mossa (19° secolo), Peppinu Mereu (a cavallo fra Otto e Novecento).
Quella frase del ballu turturìnu attesta che la memoria del popolo sardo conserva tesori preziosi.
Tenore di Orosei in disco 45 giri della IPM del 1964. Vincenzo Gallus voce solista, Angelo Minzone bassu, Francesco Busu (su ghespe) contra, Antonio Milia mesu-voche.
Bibliografia:
-S. Dedola, Grammatica, 2013.
-S. Dedola, Monoteismo, 2014.
-S. Dedola, Encicl. 1° vol., 2017.
-A. Deplano, Bidùstos, 2013.
-A. Deplano, conferenza di presentazione della Grammatica della lingua sarda prelatina di S. Dedola, in Internet, 2013.
-A. Deplano, conferenza “Il sacro nella polivocalità tradizionale della Sardegna” del 2017, nel sito dello scrivente.
Discografia:
Diverse formazioni di canto a tenore di ogni comune dell’area di diffusione fanno largo impiego di ello nelle produzioni discografiche e nei rilevamenti etnomusicologici. In maniera particolare nei canti per il ballo e nella forma della Boch’e notte o Boche seria, specialmente per cucire il testo poetico con la produzione canora.
© Andrea Deplano 2024