A su primu ispuntare

A su primu ispuntare
Canto e identità culturale nel Tenore su Cuncordu de Orosei
Tenore Su Cuncordu de Orosei

Introduzione e testi a cura di A. Deplano
1997, CNI, Roma


Indescrivibili sensazioni affollano la mente di colui che ascolta per la prima volta l’armonia di quell’intreccio di voci sui ritmi de su Ballu a Passu Turturinu e de su Dillu nell’esecuzione del Tenore Su Cuncordu di Orosei.

Rumori di una natura lontana ci riportano indietro nel tempo all’epoca in cui i rapporti fra persone erano espressi attraverso i sensi: su parpu, su calore, su nuscu, sos sonos dentro la caverna, la capanna, il nuraghe. Imitazione dei modelli offerti dall’ambiente per comunicare nel modo più naturale, agli albori della civiltà. E nelle varie tappe di quest’ultima progredire e affinare, nel solco delle tradizioni, le tecniche espressive per suscitare, con i suoni, emozioni.

Orosei racchiude nelle sue tradizioni musicali un patrimonio culturale inestimabile. L’apertura verso il mare a oriente e verso la pianura a occidente definiva la natura antropologica degli abitanti e ne determinava le vicissitudini storiche: anticu e modernu convivono nell’affermazione dell’appartenenza alla sarditas senza anacronistiche chiusure. L’aspetto esteriore di questa cittadina, le sue spiagge, le fertili campagne e una forte proiezione verso forme economiche de sa modernitate, fanno spesso dimenticare l’attaccamento degli abitanti della Baronia al proprio passato. Forte e caratterizzante il legame con l’identità culturale sarda, baroniese e oroseina nella lingua, negli usi, nelle forme coreografiche delle danze popolari, nel repertorio dei canti di natura religiosa (su Cuncordu) come di natura profana (a Tenore).

I canti a Tenore raccolti in questo volume rispecchiano i valori culturali espressi nei testi poetici e nella creazione musicale de sa vidda intera di Orosei. Un lavoro di paziente ricerca, di studio e di recupero dei codici del folklore musicale da consegnare ai propri conterranei e a sos istranzos: un’opera meticolosa, accurata, completa.

Né ci si aspettava di meno dalla formazione del Tenore del paese in cui il canto profano ha raggiunto la maggiore cura nelle forme musicali.

La presenza secolare delle Confraternite aveva lasciato un segno indelebile nell’espressione canora di questo paese. Esso è, proprio per tale presenza, il paese più ricco di forme canore eseguite da formazioni polivocaliche. Una ricchezza ragguardevole nata dalla coabitazione pacifica di due culture – la Chiesa e il Popolo – che si compenetrano a fondo fino a identificare, in questa simbiosi mutualistica, forme e stili di canto assai diversi.

Il Cuncordu (formazione di canto religioso) assume il timbro laringalizzato de su Tenore nell’esecuzione dei canti liturgici e nel contempo presta a su Tenore moduli musicali della tradizione culta.

La mancanza del canto a Gosos (componimenti poetici in verso ottonario in onore dei santi) nel repertorio de su Tenore è dunque compensata nel Cuncordu. Viceversa, le competenze musicali dei Crofarios sono facilmente rilevabili nella voche ‘e notte antica e particolarmente nel dialogo fra la voce solista e le tre voci del coro nei Corfos.

Nei cori barbaricini la Boche ‘e Notte, e le melodie derivate da essa, serve soprattutto per isterrer in modo chiaro il testo poetico e verificare se il coro abbia raggiunto l’affiatamento (cussertu) necessario. Un aspetto interessante del Tenore oroseino è invece l’uso strumentale del testo poetico con il quale sa voche (il solista) crea musica. Gli scambi fra le due culture, religiosa e popolare, si fermano a questo.

Le denominazioni delle melodie del repertorio ripropongono il lessico in uso nel Tenore barbaricino – Voche seria, Voche ‘e notte, Muttos, s’Andìra – oppure riflettono i momenti e le situazioni in cui i canti del Tenore si formalizzavano: Voche de torrare voes.

Il canto a Tenore accompagnava tutte le fasi della vita oroseina: la mattina presto (Voche a manzanìle) o la sera, ma è soprattutto nei balli che si esprime al meglio la gioia di vivere e la coesione de sa vidda. Nel travolgimento de su divertimentu è difficile porre dei freni o misurare il linguaggio del corpo che si esprime in su Brincu liberatorio, in su Dillu sfrenato o nella fissità delle forme e delle figure della danza a Passu Turturinu

L’esecuzione di quest’ultimo ballo (esclusivamente oroseino) è la testimonianza dell’arcaicità del canto a Tenore, attestata attraverso l’uso dei colpi di glottide nella creazione di Bassu e Cronta fiorite dalle ornamentazioni de sa mesu voche.

Un autentico reperto archeologico utile per ricostruire l’identità linguistica e culturale della Sardegna. Ascoltare questo Tenore significa dunque ritrovare sos sinnos.

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