In sas tancas de su tenore

In sas tancas de su tenore
Compact Disc del Tenore Supramonte di Orgosolo

Presentazione e testi a cura di A. Deplano
2000, Edizioni Frorias


La prima incisione del coro del Supramonte di Orgosolo segna la rottura con quella tradizione popolare che richiedeva testi dai contenuti diversi ma impostati prettamente sul versante amoroso. Non ebbe fortuna quell’incisione ma due anni più tardi il tenore si ripresentò con un lavoro annoverato fra le opere discografiche di maggior seguito fra il pubblico di appassionati negli anni Settanta. Alcune delle poesie cantate in quella musicassetta sono diventate patrimonio popolare grazie alla trasposizione delle voci di Giuliano Corrias e di Pasquale Marotto e alla pregnante presenza di una formidabile contra come Nazareno Patteri, l’armonioso basso di Giuseppe Munari e l’ottima mesu-‘oche di Giovanni Lovicu. L’affiatamento fra le voci dei cinque cantori popolari orgolesi è ben rodato quando nel 1974 si presenta un’occasione irripetibile, incidere per la Fonit Cetra. È il segno di un crescente interesse, intorno alla musica e alla cultura popolare, vivo fra numerosi intellettuali dell’epoca. Si riconosce che la Sardegna possiede codici capaci di esprimere, attraverso i linguaggi di quella sua  produzione tradizionale, messaggi significanti per la modernità che avanza. Non è casuale il titolo della raccolta di canti proposti: esso rinvia a pagine di storia fra le più cruenti per il popolo sardo e per l’economia povera che vivevano gli isolani. Metaforicamente si rileva però anche l’idea di una chiusura geografica custode di una cultura ferma e immutata nel tempo.

Il percorso tracciato nella scelta dei brani ha sapore antropologico ed etnografico: fissa i richiami di quel mondo pastorale e il ritmico gioco della morra, descrive le condizioni di vita del servo pastore in contrasto con lo stile del grande proprietario, denuncia l’emorragia dell’emigrazione, rivendica il sacrificio di vite per la patria e ammonisce con il canto rivoluzionario. È veramente il canto della vita anche negli auguri di nozze e nei Gozzos, nella commemorazione del poeta paesano e nella costruzione del cerchio de su ballu tundu.

Il tenore è strumento idoneo e appropriato per illustrare le forme di vita dei sardi: esso è lamento e gioia nel contempo, grido di dolore e urlo d’allegria, mezzo per affermare e confermare la propria identità e l’attaccamento alle radici culturali. Ne hanno consapevolezza Pascale Marotto e Zulianu Corrias che dànno vita a quei testi poetici con voci che hanno ammaliato tanti sardi per oltre due decenni. La rotondità del loro timbro abbellisce il canto ritmato delle undighinas e dei balli e si apprezza la loro maestrìa nel saper condurre le voci del coro: Marotto e Corrias fanno largo uso della proliferazione del testo nel canto a sa seria per agevolare la creatività de su tenore nei corfos. I giochi della contra Nazarenu Patteri, nello sviluppo de sos corfos di versi che raggiungono le 15 sillabe, sono irresistibili. Egli arriva spesso a impiegare la vocale /o/ nelle ripartenze della seconda serie di corfos con la complicità del basso di Giuseppe Munari che ogni tanto si libera in sonanti corfos ripetuti, e la guida della preziosissima mesu-’oche di Giovanni Lovicu artefice di indimenticabili fioriture.

Gli interpreti di quest’opera sono consegnati alla storia del canto sardo e alla stima di coloro che hanno avuto modo di conoscerli e apprezzarli: essi hanno saputo attestare con il loro impegno la forza vitale del canto a tenore.

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